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Cos’è il Prompt design e perché è fondamentale per usare l’AI

Viviamo in un’epoca in cui l’Intelligenza Artificiale Generativa sta rivoluzionando il modo in cui lavoriamo, creiamo e pensiamo. Ogni giorno, nuovi strumenti emergono, promuovendo un cambiamento radicale nel mondo del business, del marketing, della creatività e dell’analisi dati. Ad esempio, strumenti come ChatGPT-4.5, Calude 3.7, Midjourney V6.1 e Runway ML stanno trasformando il modo in cui le aziende generano contenuti, codice, immagini e video, rendendo la produzione più veloce e accessibile. Ma come possiamo sfruttare al meglio queste tecnologie? Come possiamo “parlare” con l’AI in modo che ci restituisca risultati utili e precisi?

Nasce così questa nuova rubrica: “So di non sapere… ma posso chiedere all’AI”. Qui esploreremo in modo chiaro e pratico il mondo dell’AI generativa, imparando a sfruttarla al meglio nel lavoro quotidiano. Ogni articolo sarà una piccola “pillola di saggezza” per aiutarci a padroneggiare queste tecnologie con intelligenza e strategia.

E, come diceva Socrate, “La vera saggezza sta in colui che sa di non sapere”. Con l’AI, non dobbiamo sapere tutto… ma dobbiamo sapere come chiederlo.

Il punto di partenza: Cos’è il Prompt design?

Immagina di avere un assistente incredibilmente intelligente, capace di scrivere testi, generare immagini, rispondere a domande complesse e persino creare codice. Ora, immagina di dover comunicare con lui nel modo più efficace possibile per ottenere i migliori risultati. Questo è il prompt design.

Il prompt deisgn o prompt engineering è l’arte di formulare richieste precise all’AI per ottenere esattamente ciò di cui abbiamo bisogno. È la chiave che apre il potenziale dell’Intelligenza Artificiale, Generativa trasformandola in un alleato strategico per il nostro lavoro.

Come ha detto Aristotele: “Noi siamo ciò che facciamo ripetutamente. L’eccellenza, quindi, non è un atto, ma un’abitudine.” Questo concetto si applica perfettamente al prompting: più pratichiamo e affiniamo la nostra capacità di formulare richieste precise all’AI, più diventiamo efficaci nell’ottenere risposte utili e pertinenti. E padroneggiare il prompting è un’abitudine che può fare la differenza nella nostra produttività.

Perché il Prompting è così importante?

Ogni volta che interagiamo con un’AI come ChatGPT, Midjourney o DALL-E, stiamo utilizzando un prompt. Il problema è che un prompt generico porta a risposte generiche. Se vogliamo ottenere risultati precisi, mirati e di valore, dobbiamo imparare a scrivere prompt chiari, dettagliati e ben strutturati.

Per esempio:

  • Prompt vago: “Scrivi un articolo sulla sostenibilità.”
  • Prompt efficace: “Scrivi un articolo di 700 parole sull’impatto dell’intelligenza artificiale nella sostenibilità aziendale, con almeno tre esempi concreti di aziende che hanno ridotto l’impronta di carbonio grazie all’AI. Utilizza un tono informativo e coinvolgente.”

Nel primo caso, l’AI potrebbe generare un testo generico e poco focalizzato. Nel secondo, la richiesta è chiara e fornisce all’AI tutti i dettagli per un contenuto più mirato e utile.

Le 3 regole d’oro del Prompting

Per creare prompt efficaci, seguiamo tre regole fondamentali:

  1. Chiarezza: Evita ambiguità e parole vaghe. Specifica l’obiettivo della richiesta.
  2. Contesto: Fornisci informazioni sul pubblico, sul tono e sui dettagli chiave.
  3. Specificità: Più dettagli includi, più l’AI potrà fornirti un output pertinente.

Esempio pratico:

“Genera una storia fantasy.”

“Scrivi una storia fantasy di 1000 parole ambientata in un mondo medievale, con un protagonista elfo di nome Elara, una giovane guerriera con abilità magiche, e una trama incentrata sulla ricerca di un artefatto perduto, la Gemma di Cristallo. La storia deve avere un tono epico e avventuroso, con un cliffhanger finale.”

Il secondo prompt guida l’AI fornendo dettagli essenziali, ottenendo un risultato molto più in linea con le aspettative.

Prompting nel business: un vantaggio competitivo

Il prompting non è solo utile per scrivere articoli o racconti. È una competenza strategica che può migliorare il lavoro in moltissimi ambiti professionali:

  • Marketing: Creare campagne pubblicitarie e post social più mirati.
  • Copywriting: Generare testi ottimizzati per il SEO con maggiore precisione.
  • Analisi Dati: Estrarre insight utili dai report aziendali.
  • Design e Creatività: Creare immagini con DALL-E o Midjourney in modo più dettagliato e personalizzato.

Abbiamo solo scalfito la superficie del prompting, ma una cosa è chiara: chi sa scrivere prompt efficaci ha un enorme vantaggio competitivo. Nei prossimi articoli esploreremo tecniche avanzate, errori da evitare e strategie per affinare le nostre richieste all’AI.

Nel frattempo, ti invito a sperimentare: prova a migliorare i tuoi prompt e osserva come cambia la qualità delle risposte dell’AI. Con il giusto approccio, l’AI diventerà il tuo miglior collaboratore.

E ricordati sempre: “Chi sa domandare, sa ottenere” (Publilio Siro).

Questo principio si applica perfettamente al prompting: formulare domande precise e ben strutturate all’AI significa ottenere risposte più pertinenti e utili, proprio come nel dialogo tra esseri umani.

L’intelligenza artificiale in classe: paura, curiosità e nuove opportunità

Ho avuto il privilegio di toccare con mano questa realtà durante un corso di formazione sull’intelligenza artificiale nelle scuole, realizzato grazie ai finanziamenti PNRR, presso l’Istituto Carducci Dante di Trieste, un liceo delle scienze umane. Ho lavorato con due classi quarte e l’esperienza è stata illuminante, non solo per gli studenti, ma anche per me stesso.

Un’interazione sorprendente

Sin dalle prime battute, sono rimasto colpito dall’entusiasmo e dalla curiosità dei ragazzi. Spesso si pensa che i giovani siano passivi di fronte alla tecnologia, ma questi studenti hanno dimostrato il contrario: hanno fatto domande, hanno voluto approfondire, hanno messo in discussione. L’approccio che ho scelto per questa formazione non era solo tecnico, ma anche etico. Volevo portarli a riflettere sul ruolo dell’uomo rispetto all’intelligenza artificiale e su come questa tecnologia sia neutra di per sé: non è né buona né cattiva, ma dipende da come la utilizziamo.

E qui è arrivata la prima grande sorpresa: alla domanda su cosa ne pensassero dell’intelligenza artificiale generativa, circa il 30% degli studenti ha risposto che preferisce usare la propria testa, senza farsi atrofizzare il cervello o limitare la creatività dall’AI. Questa risposta mi ha fatto riflettere profondamente. In un’epoca in cui si teme che la tecnologia possa sostituire il pensiero critico, sapere che molti ragazzi vogliono ancora mantenere un approccio umano-centrico è stato confortante. C’è speranza per il futuro (voglio vedere il bicchiere mezzo pieno).

Dalla teoria alla pratica: un viaggio tra storia e strumenti innovativi

Il percorso formativo è partito dalle basi, spiegando la storia e il funzionamento dell’intelligenza artificiale. Abbiamo esplorato gli inizi, le reti neurali, i transformer e altri concetti chiave, per poi passare alla parte pratica. Qui ho potuto osservare un altro aspetto affascinante: la velocità di apprendimento dei ragazzi quando vengono messi nelle condizioni giuste per sperimentare. Abbiamo fatto dei mini-workshop in cui hanno avuto modo di provare diversi tool, dalla scrittura creativa al prompt design, fino alla creazione di immagini e video tramite AI.

E qui è scattata un’altra riflessione importante. Nonostante siano nativi digitali, la maggior parte dei ragazzi di 17 anni presenti non aveva mai utilizzato (o in modo molto limitato) strumenti di intelligenza artificiale generativa e non aveva percezione di quanto potessero essere utili per ampliare la propria creatività. Nonostante la curiostà dei ragazzi, all’inizio del corso ho avvertito un certo scetticismo e, in alcuni casi, anche paura verso questa tecnologia. Ma man mano che abbiamo esplorato insieme le sue potenzialità, ho visto il loro atteggiamento cambiare. Alla fine della formazione, erano entusiasti di aver scoperto strumenti che possono supportarli nelle loro idee, espandere la loro visione e offrire nuove opportunità.

L’AI come supporto, non come sostituto

Uno degli aspetti su cui ho insistito maggiormente è il concetto che l’AI non deve essere vista come un sostituto della creatività umana, ma come un amplificatore. Ho cercato di far capire che l’intelligenza artificiale può essere un alleato prezioso nel processo creativo, un supporto che aiuta a esplorare nuove strade, a migliorare il lavoro umano senza limitarlo. Questo messaggio è stato recepito con interesse e, in molti casi, ha aperto nuove prospettive per gli studenti.

L’Ai e il ruolo dei docenti

Pochi docenti si sono mostrati apertamente contrari a questi corsi, ma la maggior parte si trova distante da questa tecnologia. Ho percepito una paura di fondo, legata sia alla possibilità di perdere l’uso della creatività umana, sia alla preoccupazione che l’AI possa, a lungo termine, sottrarre posti di lavoro. Tuttavia, molti hanno interagito con me e con gli studenti, cercando di analizzare l’impatto dell’intelligenza artificiale nella società, nel lavoro e nello studio da vari punti di vista. Alcuni docenti hanno sollevato dubbi interessanti sul ruolo dell’AI nella valutazione degli studenti e nell’influenza sul loro apprendimento, mentre altri si sono interrogati sulle sue implicazioni etiche nelle professioni umanistiche. In particolare, una discussione molto stimolante ha riguardato la possibilità che l’AI possa rafforzare piuttosto che sostituire il pensiero critico, sollecitando così un nuovo modello di apprendimento.

Ne sono scaturite discussioni molto proficue e stimolanti. Un elemento cruciale da tenere presente è che l’Articolo 4 dell’AI Act stabilisce l’obbligo di garantire un livello adeguato di alfabetizzazione sull’AI per tutto il personale che interagisce con sistemi di intelligenza artificiale. Questo requisito non si limita esclusivamente ai sistemi ad alto rischio o vietati, ma si estende a tutti gli ambiti in cui l’AI viene utilizzata. Tale normativa sottolinea ancora di più la necessità di una formazione continua per i docenti, affinché possano comprendere e gestire in modo consapevole l’integrazione di queste tecnologie nel contesto educativo.

È evidente che la formazione continua per i docenti sia fondamentale per ridurre il divario con questa tecnologia. Sarebbe utile prevedere corsi di aggiornamento e workshop pratici, affinché gli insegnanti possano acquisire fiducia nell’integrazione dell’AI nei processi didattici e sviluppare metodi innovativi per supportare gli studenti nel loro percorso di apprendimento.o.

Una formazione che lascia il segno

Al di là degli aspetti tecnici, l’esperienza di insegnare a questi ragazzi mi ha lasciato un segno profondo dal punto di vista umano. Alcuni studenti mi hanno fatto domande in privato, condividendo dubbi e timori non solo sulla tecnologia, ma anche sul loro futuro. Ho percepito chiaramente le difficoltà che molti di loro stanno attraversando in questi anni complessi e in continua trasformazione. Tuttavia, ho anche visto nei loro occhi una voglia di comprendere, di crescere, di affrontare le sfide con determinazione. In alcuni di loro ho scorto delle scintille di curiosità e ispirazione, segno che forse un seme è stato piantato.

Una speranza per il futuro

Questa esperienza mi ha confermato quanto sia fondamentale portare l’educazione all’intelligenza artificiale nelle scuole. È essenziale che i giovani comprendano come funziona questa tecnologia e quali siano le sue implicazioni, per poterla utilizzare in modo consapevole e costruttivo. Se vogliamo un domani migliore, dobbiamo partire oggi, fornendo ai ragazzi le chiavi per comprendere e padroneggiare il mondo che verrà. E io, nel mio piccolo, sono felice di aver contribuito a questo percorso.

L’AI come trigger per un lavoro sempre al Top

Il Trigger delle emozioni umane

Noi esseri umani non siamo costanti, e per fortuna, perché questa variabilità ci rende unici. Tuttavia, nel mondo del lavoro, le nostre emozioni possono influenzare il modo in cui affrontiamo le sfide quotidiane. Possiamo essere arrabbiati, malinconici, euforici o ansiosi, e queste sensazioni spesso filtrano le nostre risposte e il nostro modo di lavorare. Pensiamo a quante volte una risposta data in un momento di rabbia o frustrazione ha complicato una situazione invece di risolverla. Una risposta a un’email di un cliente insoddisfatto, se data nel momento sbagliato, può non essere la più efficace.

L’AI come Trigger della nostra migliore forma professionale

Proprio come il trigger della batteria mantiene il suono stabile, l’intelligenza artificiale può aiutarci a modulare le nostre risposte sul lavoro, filtrando i nostri output senza modificarci, ma migliorandoci. Immaginiamola come un assistente che interviene per garantirci una versione sempre professionale, cortese e problem-solving di noi stessi, anche nei momenti meno opportuni.

AI: Un supporto, Non un padrone

Un aspetto fondamentale da considerare è che l’AI deve essere vista come un alleato, un supporto all’uomo e non qualcosa da cui dipendere o di cui diventare schiavi. L’AI non sostituisce la nostra umanità ma la potenzia, permettendoci di esprimere la nostra versione migliore, soprattutto nei contesti lavorativi. Il suo scopo è quello di facilitare il nostro lavoro, non di prendere il controllo, mantenendo sempre l’essere umano al centro del processo decisionale.

Un AI che modula, non modifica

L’AI non vuole cambiare chi siamo o reprimere le nostre emozioni, ma può essere un alleato prezioso per aiutarci a esprimere la nostra versione migliore, soprattutto in situazioni professionali delicate. Potrebbe suggerirci le parole giuste da usare in un momento di tensione, o ricordarci di prenderci un attimo prima di rispondere impulsivamente. È un modo per “triggerare” la nostra miglior performance, mantenendo il controllo, la coerenza e la qualità del nostro lavoro.


Come ho imparato con il trigger della batteria, anche nel lavoro possiamo sfruttare l’AI per migliorare la nostra performance quotidiana. Un “trigger umano” che non ci cambia, ma che ci aiuta a rimanere concentrati, professionali e sempre al top, in ogni situazione. E in fondo, chi non vorrebbe avere un piccolo aiuto per essere sempre la versione migliore di sé stesso sul lavoro?

Allucinazioni AI: cosa sono e come difendersi

Se ci fermiamo un attimo a pensarci, l’idea che una macchina possa “vedere” o “capire” qualcosa di completamente sbagliato ci ricorda che, per quanto sofisticata, l’AI non è infallibile. E qui nasce un problema che può avere conseguenze significative, soprattutto nelle aziende.

L’intelligenza artificiale sta rapidamente diventando una parte integrante delle aziende, rivoluzionando i processi decisionali, migliorando l’efficienza e creando nuove opportunità di crescita. Tuttavia, con questa crescente invasione delle tecnologie AI, emergono anche dei rischi di cui è fondamentale essere consapevoli. Uno di questi è il fenomeno delle allucinazioni dell’intelligenza artificiale, un problema che può avere un impatto significativo se non affrontato con le giuste strategie.

Cosa sono le allucinazioni dell’AI?

Le allucinazioni AI si verificano quando un sistema di intelligenza artificiale genera risposte errate, fuorvianti o completamente inventate. Una delle cause principali di questo fenomeno è rappresentata dai bias dell’intelligenza artificiale, ovvero pregiudizi che si manifestano nei modelli AI a causa di dati di addestramento incompleti, sbilanciati o inaccurati. Questi bias possono portare l’AI a interpretare erroneamente le informazioni o a fare previsioni distorte, influenzando negativamente i risultati prodotti.

Mentre gli esseri umani sono spesso attenti a valutare la competenza di un interlocutore, con l’AI tendiamo a ridurre drasticamente le nostre barriere difensive, fidandoci in modo quasi cieco di ciò che la macchina ci propone. Un appunto frequente che mi viene fatto da chi è scettico sull’uso dell’AI è che ci stia disabituando a usare il cervello. Questa preoccupazione ha un fondamento reale: se ci fidiamo ciecamente delle risposte fornite dai sistemi AI, tendiamo a non mettere più in discussione le informazioni, smettendo di vagliare e confrontare le fonti come faremmo in altre circostanze. Il rischio, quindi, è che questa abitudine ci porti a cadere nell’errore delle allucinazioni, accettando passivamente informazioni potenzialmente errate o fuorvianti.

Questo fenomeno è particolarmente pericoloso in contesti aziendali dove le decisioni prese sulla base di informazioni inesatte possono portare a conseguenze gravi.

Perché è importante essere consapevoli delle allucinazioni AI?

Le allucinazioni dell’AI non sono un semplice errore tecnico, ma un rischio sistemico che può compromettere la fiducia nelle tecnologie stesse e, più gravemente, portare a decisioni sbagliate. In un ambiente aziendale, affidarsi ciecamente a un sistema AI può risultare in errori operativi, perdite economiche e danni alla reputazione dell’azienda. Questo è particolarmente vero quando l’AI viene utilizzata in ambiti critici come la finanza, la medicina o la gestione delle risorse umane.

Un esempio recente di queste problematiche è stato osservato con il modello di intelligenza artificiale di Google, Bard. Durante una presentazione pubblica, Bard ha fornito informazioni errate riguardo a una scoperta della NASA, affermando che il telescopio James Webb aveva scattato le prime immagini di un esopianeta al di fuori del nostro sistema solare. Questa affermazione era completamente falsa, poiché le prime immagini di esopianeti erano state ottenute molti anni prima, da altri telescopi. L’errore ha avuto un impatto immediato sul valore delle azioni di Google, causando una perdita di oltre 100 miliardi di dollari in capitalizzazione di mercato. Questo incidente evidenzia come le allucinazioni AI possano generare disinformazione e avere conseguenze finanziarie immediate e devastanti per le aziende.

Ma non pensiamo che questo fenomeno riguardi solo le grandi multinazionali. Un caso concreto ha coinvolto Openapi, un’importante piattaforma italiana di API, che ha riscontrato problemi significativi con le allucinazioni AI a causa della scarsa qualità dei dati. In particolare, l’uso di API per la fatturazione elettronica ha portato a errori nelle fatture, causando disagi e costi aggiuntivi per le aziende che hanno dovuto correggere le discrepanze nei tempi previsti dalla legge italiana per evitare penalità. Questo esempio dimostra come anche le piccole imprese possano subire impatti negativi dalle allucinazioni AI, sottolineando la necessità di mantenere un controllo rigoroso sulla qualità dei dati utilizzati​(OpenApi).

Ecco perché è essenziale conoscere non solo i rischi dell’intelligenza artificiale, ma anche adottare strategie di mitigazione che includano una supervisione umana costante. Non possiamo lasciare il comando delle decisioni aziendali unicamente alle macchine; l’uomo deve sempre mantenere il controllo e il senso critico.

Strategie per gestire le allucinazioni AI nelle aziende

  1. Mantenere la supervisione umana: Nonostante i progressi dell’AI, è fondamentale che le decisioni cruciali siano sempre validate da un essere umano. Come con un medico, è buona pratica chiedere un “secondo parere” anche quando il consiglio arriva da una macchina.
  2. Formazione continua: Educare il personale sui bias dell’intelligenza artificiale e sui suoi potenziali errori aiuta a mantenere alta l’attenzione. Capire che un sistema AI può sbagliare è il primo passo per implementare controlli e bilanciamenti efficaci.
  3. Monitoraggio e verifica costante: Stabilire protocolli di verifica delle informazioni generate dall’AI. L’integrazione di check automatici e controlli manuali può aiutare a individuare errori prima che diventino dannosi.
  4. Implementare sistemi di feedback: Permettere agli utenti di segnalare risposte inesatte o dubbi sui risultati generati dall’AI può aiutare a migliorare il sistema nel tempo e a ridurre il numero di allucinazioni.
  5. Valutazione delle fonti di dati: Assicurarsi che i dati utilizzati per addestrare l’AI siano di alta qualità e privi di pregiudizi riduce il rischio di allucinazioni e errori.

Mitigare le allucinazioni AI con sistemi RAG

Un approccio efficace per ridurre le allucinazioni dell’AI è l’uso dei sistemi RAG (Retrieval-Augmented Generation). Questi sistemi integrano i modelli di linguaggio di grandi dimensioni (LLM) con informazioni specifiche, dettagliate e verificate provenienti da fonti aziendali o archivi interni. In questo modo, l’AI non si limita a generare risposte basate su dati generici, ma attinge da informazioni accurate e rilevanti per il contesto aziendale, migliorando significativamente l’accuratezza degli output.

Per le aziende, i sistemi RAG rappresentano una soluzione pratica per “mettere una pezza” alle allucinazioni AI, garantendo che le decisioni siano supportate da dati verificati e affidabili. Questo approccio non elimina completamente il rischio di errori, ma riduce drasticamente la possibilità che l’AI generi risposte inesatte, rendendo l’uso dell’AI più sicuro e affidabile.

Le allucinazioni dell’intelligenza artificiale rappresentano un problema complesso e attuale, che non può essere ignorato dalle aziende. Se da un lato l’AI offre straordinarie possibilità di miglioramento, dall’altro richiede una consapevolezza costante dei suoi limiti e rischi. Affidarsi completamente a una macchina senza una supervisione umana è un errore che potrebbe costare caro. Per questo, l’integrazione di AI nelle aziende deve sempre essere accompagnata da una cultura del controllo e della verifica, mantenendo l’uomo al centro delle decisioni.

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